domenica 8 agosto 2010

"Il caso Mozart", l'avvincente romanzo di Franco Pappalardo La Rosa- Una descrizione fenomenologica del potere. Recensione di Pietro Flecchia su l'AVANTI! del 21 marzo 2009

Almeno una dozzina di città greche si contendevano, in "illo tempore", l'onore di aver dato i natali ad Omero. Ben più numerose, intorno a Salisburgo, passando per Praga e Vienna, sono oggi le città europee che si fregiano dell'aggettivo "mozartiana". Ognuna raccontando di soggiorni, concerti, partiture, per i quali, se non il più grande, di certo uno dei massimi geni musicali segnò, nell'eternità del tempo umano, per il suo divino transito e rese privilegiati nella geografia dello spirito, alcuni luoghi della geografia politica del continente.
Sono mitologie accessorie, eppure essenziali all'istruirsi e articolarsi in costume di ogni società, esserci entro un sistema di relazioni civili, come appunto immediatamente definisce l'ascolto di un'aria mozartiana, ancora quando tradotta nel ritmo di canzonetta, come nel Fred Buscaglione di "Guarda che luna". E anche la scrittura, e musicologica e d'invenzione, si è esercitata intorno alle vicende e creative ed esistenziali di tanto "divino artifex", fino a creare una regione letteraria mozartiana, dove ultimo giunto ad esercitare i propri talenti in re è Franco Pappalardo La Rosa ne "Il caso Mozart" (Edizioni Gremese, 220 pagine, 14 euro), mosso dalla suggestione di un teschio individuato, stando alla dicitura sul basamento, per quello del grande musicista. Un teschio recuperato, attraverso il becchino del cimitero di Vienna dov'era stato seppellito il maestro, da un musicologo; teschio perduto per quasi un secolo, e poi riemerso per certificare che l'uomo di quel teschio morì di morte violenta, a causa di una bastonata. Se quello sia davvero il teschio di Mozart, non è qui il luogo; soltanto ci premeva individuare ed esporre il dettaglio concreto che ha avviato la bella macchina narrativa che è "Il caso Mozart"; il dettaglio concreto, e controverso, dal quale muove un racconto che risponde ai due requisiti qualificanti un testo narrativo felice - per il lettore, va da sé -: una struttura ben congegnata, intrigante, cui corrisponde una scrittura diretta e piana. Infatti due togati critici letterari si sono fatti padrini dell'opera, tracciandone un sintetico giudizio critico laudativo: nella postfazione di Giorgio Bàarberi Squarotti e nella quarta di copertina di Stefano Giovanardi, e a tanto illustri laudatori aggiungere sarebbe ridondare; ecco perché qui vogliamo soltanto enucleare, in quanto ragione della forza della macchina narrativa, la descrizione fenomenologica del potere, "sub speciem" di potere imperiale asburgico, quale emerge per la meccanica del racconto, ad affermare con forza: lo Stato, quando si fonda sulla trascendenza, per deriva propria è costantemente costretto a riscrivere, o meglio a sovrascrivere, falsificandola, la realtà. Questo rende "Il caso Mozart" anche un acuto romanzo "politico", e tanto più riuscito in quanto solo a romanzo letto, rimeditandone la vicenda, se ne coglie la dimensione politica, espressa narrativamente per la mediazione della necessità del potere statale di porsi come forza a difesa del valore etico della propria società.
Nello specifico de "Il caso Mozart" la svolta del racconto nella direzione della critica del potere come macchina di falsificazione delle relazioni civili ha la sia radice nella decisione dell'imperatore di nominare, resasi vacante la carica, Mozart maestro di Cappella della Cattedrale. Nella corte una fazione aveva brigato per impedire questa elezione, accampando l'eterna questione "morale": Mozart aveva debiti, spia di una vita dissipata e libertina, che troverebbe clamorosa, universale conferma nella sua morte per la memorabile bastonatura di un marito "cornificato" dal compositore. A frequentargli la consorte, Mozart non ha saputo far di meglio che introdurre nella propria loggia massonica il "cornuto", approfittando delle assenze del marito per le riunioni di loggia per incontrarne la sposa infedele, ma a volte anche i "cornuti" fanno due più due. Il fatto è che se si sapesse che il maestro è stato ucciso da un marito geloso, e per di più funzionario imperiale, risulterebbero provate le giuste dicerie che sostenevano l'indegnità di Mozart al ruolo di maestro di cappella, ergo svergognata tutta quella consorteria che lo ha sostenuto e al cui vertice sta l'imperatore; a difesa del cui principio di infallibilità, due ministri tramano a trasformare la morte del musicista da truculento fatto di cronaca nera in decesso per malattia.
La riscrittura della morte di Mozart decisa dal potere e il meccanismo che determina, reggono la narrazione del romanzo di Pappalardo La Rosa, articolata intorno ai disegni: le trame di pubblica affermazione di un'idea morale convenuta entro e secondo i disegni etici della grande recita imperiale asburgica. Da questa falsificazione della realtà prende forma una galleria di caratteri, di personaggi ognuno con sue ombre e difese, una cattiva coscienza che diventa mezzo, leva per un ricatto reintegrativo nel buon ordine civile. La tragedia del moribondo e poi del defunto musico tende così a trasformarsi, ad assumere i tratti
di mozartiana commedia degli equivoci, percorsa da un ironico, sottile umorismo, se non si imponesse intanto la precipua questione dell'assassino: il geloso rabbioso, del quale la vedova del musicista reclama la condanna a morte. E malgrado abbia accolto con segreta soddisfazione la morte del marito, in ragione di una tresca che la donna progetta di trasformare in nuovo matrimonio.
Il potere aderisce alla sua richiesta, in quanto bisogna evitare che il geloso possa rivelare la vera ragione della morte del musicista. Da qui la decisione del potere politico di costringerlo a suicidarsi. In questo nodo tragico tra vicende private e la loro formalizzazione statale - nella deriva del potere politico, quando assume la morale e non il diritto come legittimazione dell'azione repressiva - sta la svolta etica, che connota la vicenda de "Il caso Mozart" come didascalica entro quella logica del fariseismo, al centro della denuncia evangelica. Dislocata storicamente in un altro tempo, nella narrazione della vicenda, intorno alla figura della morte del musicista si proietta, con ritmi di musica mozartiana, molto più che l'ombra della spiegazione delle ragioni inquietanti ed eterne che fabbricano vicende quali oggi in Italia quella delle staminali, o della vaticana critica
dell'uso dei condom in Africa, capitoli simmestrici di un eterno caso Mozart, tutti effetto della necessità del potere politico ci riscrivere la realtà, quando assume come criterio di legittimazione la trascendenza
e non la mediazione politica in forma di dibattito democratico Per questa intuizione, dalla forza che ne deriva alla bella macchina narrativa, "Il caso Mozart" è molto più che un elegante ritratto della Vienna tardo Settecentesca, sistema di relazioni mondane, macchina della festa, intorno al trono, entro un quadro variegato di umanità, ma dove sta in agguato, agìta da tensioni represse e invidie, una forza capace di ghermire e segnare del marchio della tragedia ogni vita, tradurre ogni innocenza naturale in colpa vergognosa da colpire
esemplarmente, ma più spesso annientare in oscuri meandri, perché non tutto quanto cade sotto l'artiglio del potere politico è pubblicamente da mostrare, da tradurre in esempio ammonitivo.
E' questo non dicibile che diventa la dimensione criminale segreta presente in ogni potere fondato sulla trascendenza. E la coscienza di questa natura doppia del potere, della dimensione falsificata connaturata al suo agire, è la vera orginalità, la forza e il primo motore immobile della felice novella mozartiana di Franco Pappalardo La Rosa.

PIERO FLECCHIA

Nessun commento:

Posta un commento